La civetta

La civetta voleva essere un gufo.

E non sto parlando genericamente della civetta intesa come Athene noctua, quella specie di rapaci notturni appartenenti al genere Athene della famiglia degli Strigidi.

No, mi sto riferendo a quella tal civetta che viveva in quel tal bosco che si trovava in quel tal paese in quel tal anno.

Quella civetta voleva essere un gufo perché voleva essere una strega.

Un momento.

Una civetta, che voleva essere un gufo per essere una strega?

Ebbene sì, perché in quel tal tempo l’aria era ancora intrisa di superstizione, che veniva alimentata nel momento in cui a qualche d’uno fosse capitato di trovarsi di notte a vagabondare per il bosco ed aveva la sfortuna di imbattersi in un rapace notturno, nella fattispecie, un gufo.

Il gufo, infatti, ha una caratteristica molto peculiare: vola senza fare rumore.

Questo perché l’evoluzione ha dotato tutti i rapaci che prediligono le tenebre per andare a caccia di un piumaggio estremamente morbido, al tatto quasi vellutato, che permette loro di ridurre l’attrito dell’aria.

Inoltre, le piume più esterne hanno una sorta di frangiatura che permette loro di eliminare i vortici d’aria che si creano nelle ali durante il volo. Questi due accorgimenti evolutivi permettono loro di volare senza emettere alcun rumore.

Capitava quindi sovente alle giovani coppie che si rintanavano nel bosco di notte per dar seguito ai loro intrecci amorosi o ai giovani che si cimentavano in prove di coraggio, o banalmente, a chi si fosse perduto nella selva, di trovarsi improvvisamente comparire, magari alle spalle, due enormi occhi spalancati che ti fissavano in volo.

Se poi gli occhi erano pure rossi, allora non rimaneva altro da fare che darsela a gambe levate gridando “una strega, una strega che vola!”.

Anche le civette hanno lo stesso piumaggio dei gufi, ma non ottengono il medesimo effetto.

Questo perché, purtroppo, le civette raggiungono i 25 cm di lunghezza e la loro apertura alare è di una sessantina di centimetri.

Volete mettere con il gufo reale, che raggiunge il metro e sessanta (alcune femmine i due metri e mezzo!) di apertura alare e gli ottanta centimetri di altezza?

Lui sì che ha tutte le carte in regola per essere scambiato per una strega.

Quella povera tal civetta, che viveva nel tal bosco, seguitava ad atteggiarsi a gufo per sembrare una strega, ma ogni volta che giungeva all’improvviso alle spalle di qualche malcapitato, questi dapprima faceva un sobbalzo, ma poi se ne usciva con la solita, frustrante, esclamazione: “ah, era solo una civetta”.

Era solo una civetta.

Questo continuo sentirsi sminuire alla lunga risultava fastidioso.

Essere solo qualcosa non è mai piacevole, neppure per una civetta.

Tuttavia quella tal civetta non demordeva.

Neppure quella sera in cui, dal suo ramo, vide un uomo trafficare in mezzo a dei rovi lì vicino.

Questi cercava di infilare il braccio per recuperare qualcosa, ma senza successo, anzi, ottenendo esclusivamente un serie di graffi ed escoriazioni.

Quella cosa che stava tentando di raggiungere doveva essere veramente importante.

Anche perché continuava a lamentarsi, a sbuffare, a scuotere il capo.

La civetta pensò di approfittare della sua distrazione per lanciarsi silenziosamente alle sue spalle per poi, con un acuto grido, farlo sobbalzare ed essere così scambiata per un gufo che sembrava una strega.

Ma quell’ometto, che cercava disperatamente di raggiungere quel qualcosa, le faceva in fondo un po’ pena.

Decide quindi di rimanere tranquilla sul suo ramo.

Dopo un po’ tuttavia si rese conto di non riuscire a farsi gli affari suoi.

Osservò nuovamente l’ometto.

Cercava di recuperare ciò che aveva perduto infilando il braccio rasoterra sotto i rovi, senza riuscire però a raggiungere il suo premio.

La civetta studiò con attenzione la conformazione dei rovi.

Dopo qualche minuto si accorse di una piccola apertura sulla parte alta dei cespugli.

Si spostò su un ramo più basso per osservare meglio.

Eh sì, c’era proprio un’apertura e, in mezzo ad essa, poteva intravedere un varco fino al suolo.

Se si fosse lanciata in picchiata in quel varco tenendo chiuse le ali, poi avesse fatto un carpiato in senso orario e poi due giravolte in senso antiorario forse avrebbe potuto farcela.

Rimase un poco immobile, come pensierosa, poi si decise e spiccò il volo.

Planò fino all’apertura, chiuse le ali, vi entrò in picchiata, fece un carpiato orario e due giravolte antiorarie ed eccola atterrare sul terreno.

Alzò gli occhi e rivide il percorso fatto tra i rovi.

Era elettrizzata.

Una manovra incredibile.

Un gufo, seppur piccolo, non sarebbe mai passato di lì.

Galvanizzata, rivolse lo sguardo verso l’uomo al di là dei rovi.

Questi, sorridente, le indicò con la mano un oggetto davanti a lei.

Era un rametto scuro, perfettamente dritto.

La civetta lo raccolse tra le zampe e volò fuori eseguendo al contrario le acrobazie realizzate poc’anzi, un’operazione ancora più difficile.

Una volta fuori lasciò cadere il rametto davanti all’uomo ed andò a posarsi su di un basso ramo poco sopra.

L’uomo, raggiante, raccolse il bastoncino che improvvisamente si illuminò.

Un rapido movimento del braccio ed ecco che accadde qualcosa di incredibile: i rovi scomparvero lasciando al loro posto un moltitudine di lucciole, che presero a volare per il bosco illuminandolo d’incanto.

La civetta, se avesse potuto, avrebbe spalancato ancor di più gli occhi già spalancati.

Quell’uomo era un mago.

Ed in quel momento la stava proprio fissando.

“Mia gentile e generosa amica”, disse sorridente e la civetta si stupì del fatto che riusciva a comprenderlo, “grazie, grazie davvero. Stavo sviluppando un nuovo incantesimo, che si è rivelato più difficile del previsto giacché, per funzionare, richiedeva un rapido movimento del polso, col risultato che la bacchetta mi è sfuggita di mano finendo tra i rovi”.

La civetta non sapeva che dire, anche se, pur volendo, non avrebbe potuto ugualmente dire nulla.

L’uomo le sorrise nuovamente e proseguì: “sei proprio generosa, cara amica, una virtù quasi magica per la tua specie. Senti, che ne diresti di venire con me? Devo fare un lungo viaggio ed un po’ di compagnia mi farebbe molto piacere. Vorresti?”.

La civetta non se lo fece ripetere.

Si lanciò dal ramo e poco dopo se ne stava appollaiata sulla spalla del suo nuovo amico, pronta per chissà quali avventure.

E fu così che la civetta che voleva essere un gufo per sembrare una strega, nel momento in cui si decise a sfruttare appieno il suo essere civetta, guadagnò in tal maniera l’amicizia di un mago.

La civetta, di Giulia Colombo
(Instagram: giuliacolombo_design)