La diva

“Che eleganza! Che stile!”.

Il merlo fissava rapito l’upupa che si trovava sul terreno in cerca di cibo.

“Oh, la smetti di fissarla in quella maniera?, la sua signora gli diede una beccata sdegnata, “che vergogna, alla tua età”.

“Non si preoccupi signora”, le disse con tranquillità la ghiandaia, “non è la sola a trovarsi in questa condizione. Guardi qua mio marito che faccia da gufo che ha”.

“Ma… cara”, protestò imbarazzato il signor Ghiandaia, “che dici? Non avevo alcuna faccia da gufo. Perché avrei dovuto?”.

“Taci bestia”, lo interruppe la moglie, “a fare le facce da gufo con quella sgualdrina”.

“Concordo signora”, disse la signora merlo, “ma si dovrebbe vergognare anche quell’upupa. Ma pensi, non si fa praticamente mai vedere, poi però quando arriva… mamma mia, è arrivata la principessa, macché, la regina!”.

“Esatto”, diede seguito la ghiandaia, “ma pensi lei, che faccia tosta”.

“Quanto se la tira”, proseguì la signora merlo, “solo per quei bei colori e quelle belle piume zebrate. Per non parlare di quella ridicola cresta piumata”.

“Che le adorna il capo”, intervenne il merlo estasiato.

“Zitto svergognato”, lo beccò la moglie.

“E poi”, disse la ghiandaia, “vanitosa come poche. Suvvia, starsene lì a fare i bagni di sabbia”.

“Signora, è per igiene, per liberarsi dei parassiti”, la interruppe il signor merlo.
“Signore, mi scusi”, riprese bruscamente la ghiandaia, “io non ho parassiti e mi lavo nelle pozze come tutti gli uccelli, non ho certo la necessità di fare i bagni di sabbia. Su, per cortesia, credo che sua moglie la pensi allo stesso modo”.

“Naturalmente”, disse la signora merlo, “taci scemo, che figure mi fai fare?”.

“E poi”, proseguì la ghiandaia, “quella cosa che prende sempre il sole svaccata per terra, tutta aperta”.

“Ma… cara, quella è la sua strategia di difesa. Anziché scappare, come facciamo noi, si appiattisce sul terreno aprendo ali e coda in modo da confondere i predatori”.

“Taci bestia! Come se non sapessimo che lo fa di proposito per mettersi in mostra. Si comporta così anche quando non c’è l’ombra di un predatore. Lo fa solo per prendere il sole, poi ci credo che ha delle piume così belle. Sempre lì a far niente. E voi lì a fissarla dai rami come dei barbagianni. Attenti a non cadere, svergognati!”.

“Signore”, intervenne il merlo con pacatezza, “con tutto il rispetto, mi sento tuttavia di farvi notare che nelle vostre accuse siete mosse esclusivamente da invidia. La signora upupa è un volatile di classe, non certo la sgualdrina che state dipingendo. Io amo l’eleganza e la ricercatezza in ogni sua forma e non è colpa di nessuno se la signora upupa le incarna… entrambe”.

La frase andò a morire in un sussurro, giacché la moglie lo stava fissando con uno sguardo che avrebbe fatto tremare un’aquila.

“Guardala là, la tua diva”, disse, “va che mangia vermi come noi, che credi?”.

“Sono desolato di doverti contraddire, ma principalmente favorisce cibi più raffinati, prettamente insetti”.

“Ah certo, una vera signora”, sbuffò la moglie e gli diede una beccata.

L’upupa, nel frattempo, si comportava come chi sa si essere al centro dell’attenzione, ma finge di non esserlo e continuava distrattamente, ma con eccessiva teatralità, a sbocconcellare crisalidi.

Purtroppo per lei, il suo incarnare quel modello di snob disinteressato quel giorno non le portò molta fortuna.

Il suo mangiare distratto, ad occhi chiusi, quasi svogliato, non le fece notare che tutti gli uccelli ad un tratto erano spariti e si accorse che qualcosa non andava solo quando il sole si oscurò all’improvviso.

Alzando gli occhi l’ultima cosa che vide furono degli artigli in controluce, dopodiché scomparve lasciando solo un guazzabuglio di piume, mentre la poiana volava già alta portandola verso il suo nido.

“Che grazia”, disse il merlo.

“Oh screanzato, guarda che ci ha appena lasciato le penne. Solo quelle, né! Ma quale grazia!?”.

“Mi riferivo alla poiana, mia cara. Che forza, che muscoli, che piumaggio, che… “.

L’upupa, di Giulia Colombo
(Instagram: giuliacolombo_design)