L’ingarbugliato mistero del corsello box

Il signor Angelo da qualche tempo era turbato.

Era turbato dal fatto che credeva di essersi trovato, suo malgrado, coinvolto in un mistero.

A dargli pensiero era il suo vicino di garage, un giovane che sapeva chiamarsi Luca e che, dalle poche parole che si erano scambiati di tanto in tanto, faceva il fisico di professione.

Non gli era ben chiaro di che genere di fisico si trattasse, se un insegnate di ginnastica o un istruttore in una palestra o uno di quelli che scrivono equazioni complicate per descrivere l’ovvio, come ad esempio: le cose cadono.

Il signor Angelo era in pensione da circa un anno, dopo che aveva lasciato ad un nipote la gestione della libreria che aveva aperto una ventina di anni prima.

Talvolta in settimana dava una mano al giovane, mentre il sabato lo teneva tutto per sé, per potersi finalmente dedicare ad una delle sue attività preferite e troppo spesso rilegata nei ritagli di tempo: fare la spesa al supermercato.

Ogni sabato pomeriggio, il signor Angelo si recava nel suo supermercato favorito e procedeva agli acquisti per la settimana successiva.

Era un uomo a cui piaceva avere tutto in ordine, dai libri sugli scaffali alle scatole di fagioli in dispensa.

Non c’era spazio per le stranezze e per le cose fuori posto nella sua vita.

Ed era proprio per questo motivo che la faccenda del vicino di garage lo indisponeva in tal modo.

Tutto aveva avuto inizio il mese precedente.

Il signor Angelo era appena rientrato dalla spesa e stava facendo avanti e indietro tra il suo box e la dispensa ben organizzata in cantina.

In questo modo, si ritrovò a passare più volte davanti al garage del vicino, il quale aveva la cler quasi totalmente abbassata, cosa che gli impediva di sbirciare all’interno.

Fatto sta che, mentre stava passandovi dinanzi di ritorno dalla cantina, udì la voce del vicino:

“Eccoci arrivati. Questa sarà la tua nuova casa. Ci divertiremo insieme, vedrai”.

Il signor Angelo rimase vagamente interdetto: il signor Luca aveva preso un animale da compagnia e lo lasciava in garage?

Dopo qualche giro, udì nuovamente: “la tua predecessora è stata fedele fino alla fine. Mi raccomando, hai una grossa eredità da portare avanti”.

Il signor Angelo rimase nuovamente di stucco.

Ma come? Il signor Luca aveva già avuto un altro animale domestico in box? Com’era possibile che non se ne fosse mai accorto? E poi, il regolamento condominiale consentiva di tenere animali domestici in garage? Avrebbe dovuto scrivere all’amministratore per accertarsene.

Per tutta la settimana successiva il signor Angelo non se ne preoccupò più.

Il suo unico pensiero era legato al fatto che il nipote aveva allestito una sezione dedicata ai libri di montagna, cosa che lui aveva sempre ritenuto inutile.

“Fidati zio, in questi ultimi anni un sacco di gente si è avvicinata alla montagna. Guide e libri di alpinismo stanno vendendo bene. Sento sempre più persone che ne parlano anche quando vado ad arrampicare. Ci parlo assieme così capisco quelli che sono i gusti, le preferenze, cosa la gente vuole ed intanto faccio anche un po’ di pubblicità alla libreria”.

Il sabato seguente, rientrato dalla spesa, il signor Angelo notò nuovamente la cler del vicino leggermente alzata e gli tornò alla mente l’episodio della settimana precedente.

Passando davanti al garage del signor Luca rallentò quindi un poco in maniera da poter ascoltare meglio.

“Bravissima, brava. Abbiamo fatto un ottimo lavoro oggi né? Ti sei divertita? Bravissima, sei così elastica”.

Il signor Angelo sobbalzò.

Sei così elastica. Ci siamo divertiti.

Cosa voleva dire?

Il rumore di una cler che si alzava alle sue spalle lo fece sobbalzare e si diresse di corsa in cantina per evitare di essere visto indugiare troppo fuori da un garage altrui, col rischio di essere etichettato come uno spione.

Quella settimana, tuttavia, continuò a pensare a quelle frasi enigmatiche ed aspettò con impazienza il sabato seguente.

Giunto il fine settimana, fece in fretta la spesa (fatto decisamente insolito per i suoi standard qualitativi), sistemò tutto rapidamente nella dispensa (altro fatto decisamente straordinario), quindi fece ritorno nel suo box fingendo di metterlo in ordine.

Erano all’incirca le 18.30 quando sentì il vicino arrivare in macchina. Tese le orecchie e appena lo sentì parlare, uscì adottando una furbizia che aveva escogitato al fine di evitare di passare per uno che non si sa fare gli affari propri.

Con in mano una scopa finse di pulire l’ingresso del proprio box.

Nel frattempo le orecchie erano protese verso quello di fianco.

“Ma che cavolo”, sentì lamentarsi il vicino, “che cavolo avevi oggi? Eri tutta agitata, continuavi a farti su, ti tiravo e non volevi saperne di venire. Non collaboravi, facevi i dispetti. Non ci siamo, non ci siamo proprio se andiamo avanti così”.

Il tranquillo spirito borghese del signor Angelo fu messo a dura prova.

Che toni, pensò, cosa gli avrà mai fatto quella creatura?

E lui, cosa poteva fare?

Avrebbe dovuto intervenire in qualche modo.

Ma come?

Quella sera a cena si confidò con la moglie, la quale gli rispose:
“Lascia stare quel giovanotto. È sempre impegnato col lavoro, lascialo tranquillo. Piuttosto, trovati te qualcosa da fare: entra nella protezione civile, sei in pensione, basta pensare solo alla spesa e ai libri che prende Carlo per la libreria”.

“Sì cara, ma quelle frasi”.

“Usa la testa, cosa pensi che abbia, una ragazza rinchiusa in garage?”.

Ecco, a quella opzione, ancor più inquietante, non aveva pensato.
Sei così elastica.

Ci siamo divertiti.

La tua predecessora è stata fedele fino alla fine.

Ossignore, la situazione andava facendosi sempre più intricata e con sfumature noir.

Come poteva lasciar perdere?

Un uomo integerrimo come lui, che aveva sempre pagato le tasse e che una volta, dopo aver regalato un libro ad un bambino, si pagò il volume, emettendosi regolare scontrino.

Lui, proprio lui, non poteva lasciar correre un simile… intrigo.

Decise di raccogliere nuove prove, perciò il sabato successivo si organizzò in modo da prendersi più tempo per stare fuori dal box del vicino ad origliare.

In genere il sabato pomeriggio il signor Luca rientrava a partire dalle 18, a quell’ora quindi mise in atto il piano che aveva studiato per tutta la settimana. Fece avanti e indietro tra box e cantina come se stesse riorganizzando il garage (cosa che faceva regolamentare due volte l’anno, ad aprile e ad ottobre), sperando che il fatto di essere a settembre non risultasse sospetto agli altri condomini.

Nel suo andirivieni, fece ad un tratto cadere una bottiglia di vermentino davanti al box del vicino.

La bottiglia era in realtà riempita d’acqua, a simulare il vermentino, ma in tal modo avrebbe avuto la scusa di mettersi a pulire con lo straccio, ma senza il fastidio dell’appiccicaticcio.

Sono un genio, pensò il signor Angelo, tutte quelle letture di Agatha Christie non sono state vane. Ho proprio lo spirito dell’investigatore dilettante.

Per rendere più credibile la messinscena esclamò anche un fin troppo teatrale: “oh no! Il vermentino. Con quello che mi è costato!”.

Senza indugiare oltre prese secchio e spazzolone e si nascose nel locale immondizia a riempire d’acqua il catino.

Lì rimase rintanato spiando il corsello box ogni qual volta sentiva arrivare un’auto, finché non rientrò anche il vicino. Attese fino a quando non lo vide entrare in box e socchiudere la cler, al che si precipitò a pulire con acqua l’acqua versata sul pavimento.

Quello che udì gli fece accapponare la pelle:

“Ci hai quasi fatti ammazzare oggi! Sotto il temporale e te che non ne volevi sapere si stare in ordine. Tutta arricciata, tutta contorta, ogni volta che cercavo di buttarti giù, te lì che ti ribellavi. Dovrei tagliarti a pezzi, saresti certamente più utile”.

Il signor Angelo era pietrificato.

Rimase immobile, con in mano lo spazzolone con cui stava lavando l’acqua.

D’un tratto si riprese e corse nel suo box.

Che faccio?, pensò, che fare? Devo avvisare qualcuno, quella creatura è in pericolo. Devo avvisare l’Enpa… o i carabinieri? Oh, che pasticcio!

Rientrò in casa per cena dove trovò ad attenderlo la moglie ed il nipote.

“Angelo, finalmente sei risalito, guarda, Carlo ha portato una bottiglia per festeggiare il suo primo anno di gestione della libreria: sta andando benissimo”.

“Più 5% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. E la sezione montagna sta tirando moltissimo”.

“Angelo, che hai? Sei pallidissimo. Carlo, forza, apri quella bottiglia che ce n’è bisogno”.

“Luisa, non hai idea di cosa ho sentito fuori dal box del Montini”.

“Ancora con questa storia? Angelo, hai stufato”.

“Ha detto che l’avrebbe fatta a pezzi, che sarebbe stata più utile”.

“Cosa, la corda?”, domandò il nipote, “eh sì, a volte fanno davvero dannare, sì”.

“Sì, proprio quella”, confermò la signora Luisa.

“Corda? Quale corda?”.

“Angelo. Perché anziché impicciarti degli affari degli altri e farti trame nella testa manco fossero un romanzo della signora Christie, non provi a parlare un po’ insieme alle persone? Se ti fossi fermato a fare quattro chiacchiere con il signor Luca, ad esempio con un cortese ‘Come sta?’, ti avrebbe tenuto lì a parlare prima del lavoro e poi di quanto è contento di aver ripreso ad andare in montagna a scalare. E ti avrebbe fatto vedere la nuova parete in legno che ha messo in box per organizzare tutto il materiale che usa. E ti avrebbe mostrato anche la nuova corda che ha preso da poco”.

“Ha detto che l’avrebbe fatta a pezzi, che sarebbe stata più utile”.

“Ci avrebbe fatto dei cordini. Sì, ragionevole”, disse il nipote.

Il signor Angelo fissò sbalordito prima il nipote poi la moglie.

“Tu sapevi tutto e non mi hai detto nulla”.

“Ti ho detto di non impicciarti e di trovarti qualcosa da fare”.

“Ma scusate, non può essere, parlava con una corda?”.

“La corda è la tua migliore amica quando sei in parete”, rispose il nipote, “ci parli eccome. E lei risponde”.

Il signor Angelo fissò il nipote come fosse matto e chiedendosi se avesse fatto bene a lasciargli la sua libreria.

“In che senso… risponde?”.

“Ti racconta cosa sta succedendo alla cordata. Alcune volte capita che i due scalatori non riescano a vedersi. Con la corda si mandano quindi dei segnali e, attraverso degli strattoni, si dice quando si può liberare la corda e quando il compagno può cominciare a scalare. La corda poi racconta allo scalatore in sosta cosa sta facendo il compagno. Attraverso le vibrazioni sussurra ai polpastrelli di chi l’ha in mano, raccontandogli se il compagno sta salendo tranquillo, se è in difficoltà, se è caduto, se sta riposando”.

“Robe da matti”, disse il signor Angelo.

“Saresti dovuto andare con mio fratello quando te lo aveva proposto. Ma tu no, c’è la libreria. Come vedi, il mondo è pieno di storie e a raccontarle non sono solo i libri. Carlo su, apri quella bottiglia ora. Ti fermi a cena vero?”.

Il sabato seguente il signor Angelo stava scaricando la spesa quando sentì arrivare il vicino.

Ormai per abitudine, si scoprì con l’orecchio teso, in ascolto.

“Sei stata bravissima. Mi hai veramente salvato le chiappe oggi. Sapevo che quella scaglietta per il piede non avrebbe tenuto, ma non trovavo altro e mi ci sono appoggiato ugualmente”.

“Buonasera signor Montini”.

“Ah, buonasera signor Mondonico. Come sta?”.

“Non mi lamento”, rispose il signor Angelo dal corsello box, “lei?”.

“Tutto bene, dài. Il sabato va sempre bene”.

“E’ andato da qualche parte?”.

“Sono andato a scalare in Valsassina. Ma prego, aspetti che la faccio entrare”.

Il signor Angelo ebbe così modo di vedere la famosa parete. Era piena di cordini, moschettoni, c’era un martello, dei chiodi e degli attrezzi che non aveva idea di cosa fossero. E la famosa corda era lì in terra srotolata.

“Mi scusi, nel frattempo finisco di fare su la corda”.

“Prego, faccia pure. E’ molto che l’ha presa?”.

“Un mesetto circa. La piccolina mi dà un sacco di pensieri”, rispose ridendo Luca.

“Ah. Ne parla come se avesse un’anima”.

“Ce l’ha infatti. E non parlo dell’anima che sta racchiusa dentro alla calza, i filamenti che ne costituiscono il cuore. No, le corde hanno un’anima che va ben oltre la struttura poliammidica, ne sono convito. Si divertono, sono delle giocherellone e talvolta anche un po’ dispettose.

Pensi, un paio di settimane fa stavo preparando una calata e questa qua non ne voleva sapere. Continuava ad aggrovigliarsi, e certamente lo fa di proposito, a formare tanti nodi, alcuni poi che si direbbero impossibili da realizzare senza la volontà di farlo e che si troverebbero degnamente rappresentati tra le pagine più ostiche di un manuale di topologia.

Quanto le ho urlato dietro.

La scorsa settimana io e il mio compagno di scalate siamo stati sorpresi da un temporale. O meglio, il temporale era previsto, ma noi siamo partiti ugualmente pensando di essere più veloci ed avere più tempo. Morale, ci siamo ritrovati sotto una pioggia che era quasi grandine, con la corda che non ne voleva sapere di stare in ordine e con ancora un paio di calate da fare. Siamo arrivati giù inzuppati come non mai. Quella sera avevo quasi pensato di tagliarla per fare dei cordini”.

“Ma pensi”, commentò a caso il signor Angelo.

“Già. Eppure oggi mi ha salvato il culo, mi perdoni il termine”.

“Ah si?”.

“Eh già. Ha ceduto un appoggio ed ho fatto un volo di sei metri. La corda però è ancora bella elastica ed ha tenuto benissimo la caduta. A parte qualche graffio, non mi sono fatto niente”.

Il signor Angelo non poteva neppure immaginare cosa potesse voler dire cadere da una montagna per sei metri e rimanere appeso ad una corda.

Però era incuriosito, quella storia delle corde che raccontano storie lo aveva in un certo qual modo affascinato.

“Bisogna fare dei corsi per andare a scalare?”, chiese.

“Signor Angelo, non è e piacerebbe provare una volta? Settimana prossima il mio amico è impegnato e se vuole posso portarla a fare qualcosa di facile, giusto per provare”.

“Oh, la ringrazio, ma non so se posso. Ci sarebbe la spesa da fare e…”.

“Angelo, dove sei?”.

“Luisa sono nel box del signor Montini”.

“Oh, buonasera Luca. Ha fatto una bella gita oggi?”.
“Buonasera, signora. Sì, la ringrazio. Mi sono appena permesso di invitare suo marito per una scalata facile il prossimo sabato”.

“Angelo, ma che bella idea. Perché non vai?”.

“Ma… Luisa. La spesa, le pulizie”.

“Angelo, siamo a casa in pensione. La spesa direi che potremmo anche farla di venerdì, che dici? Secondo me dovresti andare, un’uscita in montagna non può che farti bene”.

“Allora è deciso”, disse Luca.

“Allora… va bene!”, risposte il signor Angelo.

“Ottimo, ora vieni su che è pronto. Buonasera Luca”.

“Buonasera e buon appetito”.

Mentre uscivano dal box la signora Luisa si volò e fece un occhiolino a Luca, il quale rispose con un pollice alzato ed un sorriso.

“Hai sentito?”, disse poi alla corda, “comportati bene sabato prossimo, che abbiamo un ospite”.