Il gatto nel microscopio

L’universo è indeciso.

Questo è ciò che Luca Montini avrebbe dovuto rispondere al nipote quando questi gli chiese di spiegargli il paradosso del gatto di Schrödinger.

L’universo è indeciso.

Punto.

Il Dr. Montini invece si dilungò in un’interminabile e, soprattutto, inconcludente dissertazione sulla meccanica quantistica.

Paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, principio di sovrapposizione, stati quantici.

La spiegazione si concluse con un sudato e tremendamente imbarazzato Montini mentre il ragazzino aveva trovato rifugio, conforto e chiarezza nel suo smartphone.

Il povero Luca ci rimase particolarmente male perché aveva capito che il nipote non gli avrebbe domandato più nulla inerente alla fisica.

Molto più probabilmente, non gli avrebbe chiesto più nulla in generale.

E di questo rimase un poco rammaricato perché, tutto sommato, gli piaceva parlare di fisica e provava anche un certo piacere quando riusciva a far comprendere qualcosa di complicato a chi non era avvezzo.

Purtroppo non fu quello il caso.

C’è da dire che l’argomento non era affatto dei più semplici.

In sostanza, si tratta di un esperimento mentale (e già qui…) nell’ambito della meccanica quantistica. In questo esperimento un gatto rinchiuso in una scatola, potrebbe essere o meno vittima di avvelenamento a seconda che un atomo di una sostanza radioattiva sempre all’interno della scatola, si disintegri o meno azionando un dispositivo che va a rompere a sua volta, una fiala contenente del cianuro.

Dal momento che la meccanica quantistica considera la realtà in termini probabilistici, e dal momento che non possiamo sapere se l’atomo della sostanza radioattiva di disintegri o meno, finché non si aprirà la scatola, il gatto sarà, nel contempo, sia vivo che morto.

Il Dr. Montini anziché provare a spiegare il paradosso in questi termini si mise a snocciolare nomi complicatissimi e a scrivere complicate equazioni, senza riuscire a trovare una risposta più semplice.

Eppure, come sempre, quando meno ce lo si aspetta, l’universo è in grado di sbatterti in faccia la risposta che stavi cercando.
Ma non sempre nel modo in cui te la saresti aspettata.

Luca Montini vi incappò nella il Lunedì mattina, poco dopo essere arrivato al lavoro.

Doveva programmare un esperimento di lì ad un paio di settimane ed avrebbe dovuto utilizzare per una settimana intera il microscopio elettronico.

Cominciò quindi a chiedere ai colleghi del suo laboratorio se qualcuno di essi avrebbe dovuto utilizzare lo stesso strumento al fine di evitare sovrapposizioni.

Nessuno degli interpellati avrebbe avuto bisogno dello strumento, finché giunse a Filippo (Pippo) Vismara.

“Pippo, tra due settimane vorrei fare l’esperimento per il capo e mi servirà il microscopio elettronico per una settimana di fila. Te dovrai usarlo nelle prossime due settimane? Altrimenti lo prenoto e mi organizzo per avviare la sperimentazione la prossima settimana”.

Filippo Vismara si appoggiò allo schienale della sedia incrociando le braccia dietro la testa per stirarsi.

“Mmm… mah. In teoria non dovrebbe servirmi”.

“In teoria. In pratica?”.

“Mmm… no. Non penso”.

“In che senso non pensi?”.

“Non dovrebbe servirmi”.

“Lo saprai se ti servirà o meno. Devi fare diffrazioni?”.

“No”.

“Ok, allora posso prenotarlo io”.

“A meno che non mi chiedano di rifare le analisi per l’articolo che sto scrivendo”.

“Ok. Te l’hanno chiesto?”.

“No”.

“Allora prenoto io”.

“Boh…”.
“Boh, cosa?”.

“Non saprei. Cioè, se avessi dovuto rifarle in teoria me l’avrebbero detto”.

“Appunto”.

“Però cinque mesi fa a Gallieni, quello del piano di sopra, gliel’hanno detto all’ultimo”.

“E quindi?”.

“Eh non so”.

“Ok. Ma io cosa faccio? Ho un esperimento da programmare e non posso andare troppo in là. Il microscopio non serve a nessuno nelle prossime due settimane. E se te non hai nulla di definito, allora programmerei le mie attività”.

“Guarda, io ti direi di sì”.

“Ok”.

“Ma…”.

“Ma?”.

“Ma… non lo so. Se poi mi chiedono di rifare le analisi?”.

“Senti Pippo, mi serve per una settimana. Le analisi potrai farle dopo no?”.

“Per me si potrebbe fare così, certo. Però poi non so se il capo sarà d’accordo”.

“Ho capito. Ma, in questo momento, io ho un esperimento sicuro da fare e tu delle analisi che non sei sicuro di dover rifare. Direi che posso procedere io no?”.

“Mah… secondo me sì. Però se poi mi dovesse servire?”.

“Ma non ti serve ora no?”.

“Non al momento”.

“Ok, ma io devo prenotarlo nelle prossime settimane, non posso aspettare che tu sia sicuro per ogni momento fino a quando uscirà il tuo articolo”.

“Sì certo, lo capisco”.

“Quindi prenoto, perché a te non serve”.

“Non adesso. Però boh, potrebbe servirmi nelle prossime settimane”.

“Ma non lo sai!”.

“Non ora”.

“Quindi non ti serve”.

“Non ancora”.

“Senti, la conversazione sta assumendo toni grotteschi. Non può servirti e non servirti nello stesso tempo. Semplifichiamola portandola ad un sistema binario: 0 e 1.

0 = non ti serve il microscopio

1 = ti serve il microscopio

Domanda: ti serve il microscopio?”.

Il Dr. Vismara fissò il collega per interminabili secondi senza rispondere.

“Ti serve o non ti serve?”.

Tre settimane più tardi il Dr. Montini entrò in ufficio il Lunedì mattina, salutò i colleghi e andò alla sua postazione passando accanto a quella del collega Vismara che stava leggendo una rivista.

“Ehi Luca!”, lo chiamò quest’ultimo, “me l’hanno pubblicato! L’articolo! Grandi risultati al primo colpo! Che bomber che sono. Ah, il microscopio che mi chiedevi, non mi serve ovviamente”.

Poco dopo, Luca Montini incrociò nel corridoio il suo capo che, con un sorrisetto, gli domandò beffardo:
“Allora Montini, questo esperimento lo vogliamo far partire o siamo confidenti che le nostre ipotesi siano corrette per principio?”.

“Dottore, settimana prossima parto. Ho avuto un contrattempo col microscopio”.

“Cos’aveva?”.

Il gatto nel microscopio

Pubblicato il da latanadibirillo

L’universo è indeciso.

Questo è ciò che Luca Montini avrebbe dovuto rispondere al nipote quando questi gli chiese di spiegargli il paradosso del gatto di Schrödinger.

L’universo è indeciso.

Punto.

Il Dr. Montini invece si dilungò in un’interminabile e, soprattutto, inconcludente dissertazione sulla meccanica quantistica.

Paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, principio di sovrapposizione, stati quantici.

La spiegazione si concluse con un sudato e tremendamente imbarazzato Montini mentre il ragazzino aveva trovato rifugio, conforto e chiarezza nel suo smartphone.

Il povero Luca ci rimase particolarmente male perché aveva capito che il nipote non gli avrebbe domandato più nulla inerente alla fisica.

Molto più probabilmente, non gli avrebbe chiesto più nulla in generale.

E di questo rimase un poco rammaricato perché, tutto sommato, gli piaceva parlare di fisica e provava anche un certo piacere quando riusciva a far comprendere qualcosa di complicato a chi non era avvezzo.

Purtroppo non fu quello il caso.

C’è da dire che l’argomento non era affatto dei più semplici.

In sostanza, si tratta di un esperimento mentale (e già qui…) nell’ambito della meccanica quantistica. In questo esperimento un gatto rinchiuso in una scatola, potrebbe essere o meno vittima di avvelenamento a seconda che un atomo di una sostanza radioattiva sempre all’interno della scatola, si disintegri o meno azionando un dispositivo che va a rompere a sua volta, una fiala contenente del cianuro.

Dal momento che la meccanica quantistica considera la realtà in termini probabilistici, e dal momento che non possiamo sapere se l’atomo della sostanza radioattiva di disintegri o meno, finché non si aprirà la scatola, il gatto sarà, nel contempo, sia vivo che morto.

Il Dr. Montini anziché provare a spiegare il paradosso in questi termini si mise a snocciolare nomi complicatissimi e a scrivere complicate equazioni, senza riuscire a trovare una risposta più semplice.

Eppure, come sempre, quando meno ce lo si aspetta, l’universo è in grado di sbatterti in faccia la risposta che stavi cercando.
Ma non sempre nel modo in cui te la saresti aspettata.

Luca Montini vi incappò nella il Lunedì mattina, poco dopo essere arrivato al lavoro.

Doveva programmare un esperimento di lì ad un paio di settimane ed avrebbe dovuto utilizzare per una settimana intera il microscopio elettronico.

Cominciò quindi a chiedere ai colleghi del suo laboratorio se qualcuno di essi avrebbe dovuto utilizzare lo stesso strumento al fine di evitare sovrapposizioni.

Nessuno degli interpellati avrebbe avuto bisogno dello strumento, finché giunse a Filippo (Pippo) Vismara.

“Pippo, tra due settimane vorrei fare l’esperimento per il capo e mi servirà il microscopio elettronico per una settimana di fila. Te dovrai usarlo nelle prossime due settimane? Altrimenti lo prenoto e mi organizzo per avviare la sperimentazione la prossima settimana”.

Filippo Vismara si appoggiò allo schienale della sedia incrociando le braccia dietro la testa per stirarsi.

“Mmm… mah. In teoria non dovrebbe servirmi”.

“In teoria. In pratica?”.

“Mmm… no. Non penso”.

“In che senso non pensi?”.

“Non dovrebbe servirmi”.

“Lo saprai se ti servirà o meno. Devi fare diffrazioni?”.

“No”.

“Ok, allora posso prenotarlo io”.

“A meno che non mi chiedano di rifare le analisi per l’articolo che sto scrivendo”.

“Ok. Te l’hanno chiesto?”.

“No”.

“Allora prenoto io”.

“Boh…”.
“Boh, cosa?”.

“Non saprei. Cioè, se avessi dovuto rifarle in teoria me l’avrebbero detto”.

“Appunto”.

“Però cinque mesi fa a Gallieni, quello del piano di sopra, gliel’hanno detto all’ultimo”.

“E quindi?”.

“Eh non so”.

“Ok. Ma io cosa faccio? Ho un esperimento da programmare e non posso andare troppo in là. Il microscopio non serve a nessuno nelle prossime due settimane. E se te non hai nulla di definito, allora programmerei le mie attività”.

“Guarda, io ti direi di sì”.

“Ok”.

“Ma…”.

“Ma?”.

“Ma… non lo so. Se poi mi chiedono di rifare le analisi?”.

“Senti Pippo, mi serve per una settimana. Le analisi potrai farle dopo no?”.

“Per me si potrebbe fare così, certo. Però poi non so se il capo sarà d’accordo”.

“Ho capito. Ma, in questo momento, io ho un esperimento sicuro da fare e tu delle analisi che non sei sicuro di dover rifare. Direi che posso procedere io no?”.

“Mah… secondo me sì. Però se poi mi dovesse servire?”.

“Ma non ti serve ora no?”.

“Non al momento”.

“Ok, ma io devo prenotarlo nelle prossime settimane, non posso aspettare che tu sia sicuro per ogni momento fino a quando uscirà il tuo articolo”.

“Sì certo, lo capisco”.

“Quindi prenoto, perché a te non serve”.

“Non adesso. Però boh, potrebbe servirmi nelle prossime settimane”.

“Ma non lo sai!”.

“Non ora”.

“Quindi non ti serve”.

“Non ancora”.

“Senti, la conversazione sta assumendo toni grotteschi. Non può servirti e non servirti nello stesso tempo. Semplifichiamola portandola ad un sistema binario: 0 e 1.

0 = non ti serve il microscopio

1 = ti serve il microscopio

Domanda: ti serve il microscopio?”.

Il Dr. Vismara fissò il collega per interminabili secondi senza rispondere.

“Ti serve o non ti serve?”.

Tre settimane più tardi il Dr. Montini entrò in ufficio il Lunedì mattina, salutò i colleghi e andò alla sua postazione passando accanto a quella del collega Vismara che stava leggendo una rivista.

“Ehi Luca!”, lo chiamò quest’ultimo, “me l’hanno pubblicato! L’articolo! Grandi risultati al primo colpo! Che bomber che sono. Ah, il microscopio che mi chiedevi, non mi serve ovviamente”.

Poco dopo, Luca Montini incrociò nel corridoio il suo capo che, con un sorrisetto, gli domandò beffardo:
“Allora Montini, questo esperimento lo vogliamo far partire o siamo confidenti che le nostre ipotesi siano corrette per principio?”.

“Dottore, settimana prossima parto. Ho avuto un contrattempo col microscopio”.

“Cos’aveva?”.

“C’era un gatto sotto che non se ne voleva andare”.

Erwin Schrödinger (1933) – Fonte: Wikipedia