Sul fondo della tazza

“Angelo, Angelo, è successa una cosa di fuori!”.

Il barista fissò la cameriera con sguardo annoiato, mentre finiva di riporre le tazzine del caffè.

“Hai rovesciato qualcosa?”, domandò.

“No”.

“Hai sbagliato a prendere un’ordinazione?”.

“No”.

“Qualcuno si sta lamentando di qualcosa?”.

“No, ma…”.

“Allora non è successo niente”, concluse il barista sistemando le ultime tazzine.

“No, no, ascolta. Seduta qui fuori… c’è una veggente”.

“Una zingara? Mandala via, non vogliamo rogne”.

“No, non una zingara, è una ragazza normale, ma… penso sia in grado di vedere il futuro”.

“Martina, non te l’ho mai detto, te lo confesso ora. Anch’io sono in grado di prevedere il futuro. Prevedo che finiremo quanto prima di pulire i tavoli, i clienti di fuori tra poco finiranno di fare colazione. Noi raccatteremo tutto, laveremo le tazze i piatti e i piattini. Poi mi vedo preparare gli aperitivi per mezzogiorno”.

La ragazzina incrociò le braccia e sbuffò alzando gli occhi.

“E ti dirò di più”, proseguì il barista, “questo pomeriggio vedo che salirò sul furgone e andrò a fare la spesa, perché stasera è sabato sera e ci saranno almeno cinquanta persone che passeranno di qui a fare l’aperitivo. Poi dopo cena mi vedo distendermi sul divano a vedere la partita e andare a letto appena conclusa perché… vedo me stesso alzarmi alle quattro domani mattina per andare ad accendere il forno e preparare il pane e le brioche perché sarà domenica mattina e ci saranno altrettante persone che verranno a fare colazione. Mi vedo preparare caffè e cappuccini e vedo te che mi girerai intorno facendomi perdere tempo, proprio come ora”.

La ragazza lo fissò con lo sguardo corrucciato.

“Sto parlando seriamente”, disse, “prima sono uscita a prendere le ordinazioni e sono passata accanto al tavolino dov’è seduta la ragazza. Era immobile e fissava il fondo della tazza vuota con un’espressione a dir poco sconvolta! Pensai che doveva aver visto qualcosa di terribile. E stava fissando il fondo della tazza come fanno le maghe!”.

Il barista sospirò e buttò un’occhiata di fuori.
“E’ la ragazza seduta da sola al tavolino numero 2? Quella con la maglietta viola?”.

“E’ lilla, ma sì, è lei”, puntualizzò la ragazza.

“Ha mica preso un cappuccino? Da che ne so, per quanto non me ne importi nulla, il futuro mica lo leggono sul fondo delle tazze di thé? O erano di caffè?”.

“Entrambe”, rispose la cameriera, “ma magari da qualsiasi fondo, come facciamo a saperlo? In ogni caso era chiaramente disperata. Sono uscita poco dopo a portare le colazioni e mentre sparecchiavo e pulivo il tavolo dietro di lei la sentivo ripetere ‘A me… proprio a me. Perché proprio a me?’ . Mi sono voltata un attimo ed era ancora lì che fissava il fondo della tazza ripetendo quelle parole. Deve aver visto qualcosa di veramente terribile. Penso… penso addirittura la morte di qualcuno!”.

“Ohi, adesso datti una calmata!”, la rimproverò il padrone, “che cose dici?”.

“Ripeteva di continuo quella frase. Sono rientrata a portare il vassoio, poi sono uscita immediatamente. Le sono girata un po’ intorno per cercare di capire qualcosa di più. E l’ho sentita fare una telefonata. Deve aver chiamato il fidanzato, non lo so, comunque ripeteva ancora quella frase, ‘A me… proprio a me. Perché proprio a me?’. Sono rimasta a far finta di pulire un tavolino…”.

“In che senso a far finta?”, chiese il barista.

“No, lo stavo pulendo, ma ci stavo impiegando apposta più tempo per ascoltare un pò”.

“Ossignore”, mormorò l’altro.

“Insomma, mentre parlava alla fine l’ho sentita aggiungere ‘ho visto il suo cadavere. Era lì… rigido, stecchito‘. Cavolo, quello, più quello che ha detto prima, è ovvio che deve aver visto accadere qualcosa di terribile a qualcuno che conosce. Forse addirittura un parente. Oddio, non oso neppure immaginare lo shock!”.

Angelo stava mettendo a posto le posate, lo guardo era un po’ più corrucciato.

“Ma magari stava pensando ad altro”.

“Cosa?”.

“Non saprei, magari…”.

“Magari cosa?”, la ragazza alzò il tono mentre lo raggiungeva dietro il bancone, “fissava la tazza, era sconvolta, parlava da sola chiedendosi perché proprio a lei, ha chiamato qualcuno dicendogli di aver visto il cadavere di qualcuno, sempre fissando il fondo della tazza. È ovvio che ha visto il futuro di qualcuno, cos’altro, dài! Ossignore, eccola che arriva”, disse abbassando la voce, “guardala, guarda che faccia ha. Poverina, non riesco neppure ad immaginare cosa stia passando”.

Il barista si spostò alla cassa, raggiunto dalla ragazza e seguito dalla cameriera.

“Tutto… tutto bene?”, domandò Angelo con voce incerta.

“Insomma”, rispose la cliente, senza alzare lo sguardo e cercando il portafogli nella borsetta.

“Sono… ecco. Ahi”, Martina aveva tirato una gomitata al capo, e con occhi sbarrati lo fissò e poi inclinò il capo verso la ragazza che nel frattempo aveva trovato il portamonete.

“Guardala, poverina”, sussurrò.

Il barista sopirò e, con lo sguardo basso disse alla giovane.

“Senti oggi… oggi la colazione è offerta. Era… sì insomma è offerta”.

“Grazie”, rispose la cliente, “beh insomma, ci sarebbe mancato altro. Un mosca così grossa nel cappuccio è veramente imperdonabile. Come avete fatto a non vederla? E mi è pure finita in bocca. Meno male che mi sono accorta e l’ho sputata. Oddio che schifo, mi viene ancora da vomitare. Attenzione che non l’ho tolta, mi faceva troppo senso”.

E se ne andò ancora mormorando: “Che schifo. A Me! Ma perché proprio a me…”.

Il barista era immobile con la tazza in mano a mezz’aria.

Dopo un momento, guardò la tazza e vide la mosca sul fondo.

“Beh, era bella grossa in effetti”, disse.

“Ecco dov’era finita quella mosca che continuava a rompere le scatole stamattina!”, esclamò la cameriera, “era veramente insopportabile. Ad un certo punto ho cominciato ad agitare lo straccio cercando di colpirla. Dovevi vedermi, sembravo un ninja”.

“Sì”, proseguì Angelo, “ora ti prevedo nuovamente il futuro. Vedo te che prendi questa tazza e fai sparire quella dannata mosca. Poi ti vedo togliere il grembiule, prendere il tuo motorino e andare in ferramenta a prendere la rete da mettere sulla porta per sostituire quella che hai rotto la scorsa settimana”.

“Che carattere”, rispose la ragazza, “non è mica colpa mia se l’hai montata su male ed è venuta giù praticamente appena l’ho presa dentro”.

“Martina. Se non vuoi che preveda qualcosa di più nefasto…”.

“Vado, vado ho capito. Mamma mia che carattere, uno non può proprio dire nien…”.

Lo straccio non la colpì in pieno viso grazie ai suoi riflessi che sono, quelli sì, una caratteristica prettamente umana di prevedere il futuro. Anticipare alcune azioni al fine di garantire la propria sopravvivenza. Vedendo lo sguardo arrabbiato sul viso del barista, il braccio che andava indietro e lo straccio appallottolato in mano, il suo cervello aveva attivato quell’adattamento evolutivo che chiamiamo causa-effetto. Viste delle premesse si anticipano gli effetti se questi possono essere nocivi per la nostra persona.

Per evitare ulteriori conseguenze, corse di fuori verso il motorino, ma non prima di aver lanciato a sua volta il grembiule verso il suo capo che, a contrario di lei, lo prese dritto in faccia.

Cosa coerente in effetti, in quanto lui non credeva alle veggenti.